Etna e Nebrodi, week-end in bicicletta prima del "Grande Viaggio" di Domenico Romano
In pieno inverno e con in testa la preparazione al mio prossimo ciclo-viaggio A Londra…ma in bici ripercorro con il pensiero quello fatto quest’estate: un week-end di allenamento in attesa del Grande Viaggio.
Giugno: avevo voglia di “sentirmi”, di testare il mio fisico, ma anche l’attrezzatura, e in funzione della preparazione decisi di partire per un piccolo anello che da casa mia mi avrebbe portato prima alle pendici dell’Etna e poi ad attraversare i Nebrodi. Non semplice, non facile, ma propedeutico.
Prima tappa: Spadafora (ME) – Piedimonte Etneo (CT) 113 km – 1957 mt di dislivello
Animato dalla bramosia che tutti gli amanti della bici hanno, lasciai la mia casa a Spadafora, nella mattina dell’11 giugno. Inizialmente presi la direzione verso strade conosciute (la SS 113) fino a Messina. Quando entrai nel traffico cittadino provai una sensazione di insofferenza senza pari. Tutti conoscono la placida quiete che accompagna i pedalatori sulle strade poco trafficate, e tutti sanno quello che si prova quando ci si ritrova in mezzo ai fumi di scarico di auto, motorini, camion e mezzi diversi. Messina non è una grande città, ma è caotica con i suoi abitanti che non sono abituati a vedere un “pazzo” che sotto il sole dell’inizio estate sicula procede con la sua bici. Tante ricordo le occhiate sorprese, e a volte compassionevoli, che il sottoscritto ha attirato. Dopo qualche ora a combattere con le macchine evitando per un pelo almeno due incidenti lascio le strade cittadine e ritrovo la voglia di pedalare in solitudine su strada senza traffico. Alla mia sinistra lo splendido mare dello stretto di Messina mi faceva da guardia del corpo, il vento mi accarezzava la pelle, il sole purtroppo la bruciava. Improvvisamente arrivò un furgoncino strombazzante; tra me e me penso: “ecco il solito idiota che non ama le biciclette”. Con sorpresa era un mio carissimo amico che aveva incrociato la mia strada e aveva fatto inversione per salutarmi, quale gioia! Mi fermo a prendere una bella granita al limone e una brioche in uno dei tanti baretti che ci sono sulla spiaggia, mangiando mi prenoto il B&B Camia appartamenti per la sera e poi di nuovo in sella. Tutti conoscono la leggiadria nel pedalare, quella volta la sperimentai anch’io, ero in uno stato di grazia e anche se con qualche difficoltà (visto che il cellulare che usavo come navigatore si era scaricato) trovai il mio alloggio in tempo per godere di un tramonto spettacolare sull’Etna. Pizza, birra, bucato, controllo bici e meritata nanna.
Seconda tappa: Piedimonte Etneo (CT) – Sant’Agata Militello (ME) 111 km – 1968 mt di dislivello
Mi svegliai di primo mattino, sulle braccia il ricordo del sole, un ricordo che guardavo come una “medaglia al valore”, significava sudore e tempo passato in bici, due cose di cui un appassionato non può certo fare a meno. Una volta partito spingevo rapporti leggeri che mi permettevano, su strade in salita, di attraversare una parte del vulcano più alto d’Europa: l’Etna. Strade corrose e logorate dalle eruzioni precedenti. Il sole era a picco e la fatica veramente tanta. Decido di imboccare la SS120 con direzione Cesarò. Dopo una decina di chilometri mi superano cinque giovani e baldi cicloturisti, li ritrovo più avanti e condividiamo le nostre rispettive storie di passione per la due ruote. Sono “diplomandi”, provenienti dall’Inghilterra, decisi di regalarsi una vacanza nella nostra magnifica terra e le loro parole mi riempiono di orgoglio. Ho in testa la prossima meta: il piccolo paesino di Cesarò, e quando ci arrivo è l’ora di pranzo e non mi posso far mancare una saporita bistecca di suino nero dei Nebrodi. Rinfrancato nel corpo e nello spirito riprendo la marcia verso la “cima Coppi” di questo mio piccolo giro: Portella Miraglia posto a 1520 mt slm.
Scendo tutto d’un fiato, tra nebbia, pioggerellina fitta, mucche e …cinghialotti. Niente mi ferma, ma ammiro e fisso nella memoria tutto anche se la tensione mi rubava qualche particolare. Arrivato a Sant’Agata mi aspetta l’ultima salita della giornata, visto che il B&B Red Hotel è in cima a un cocuzzolo. Il più è fatto, e con un ultimo sforzo arrivo alla destinazione dove a premiarmi questa volta ci sarà un gigantesco piatto di pasta, una straordinaria birra prima di soccombere alle solite incombenze tecniche (controllo bici e portapacchi) e domestiche (bucato e controlli borse) prima del meritato riposo.
Terza tappa: Sant’Agata Militello (ME) – Spadafora (ME) (Km 108 km – 1560 mt di dislivello)
L’idea di partire da Sant’Agata per raggiungere Alcara Li Fusi, viene presto rimossa a causa di una pioggia insistente e compatta che trasformò il fondo stradale, non perfetto, in non sicuro. Scelgo l’opzione di dirigermi nuovamente sulla SS113 direzione Est. Attraverso tutti i piccoli paesini che qui si trovano senza soluzione di continuità e arrivato a Patti inizio la scalata della magnifica strada che porta al santuario del Tindari. Visito il santuario che venera la Madonna Nera del Tindari, è un Santuario imponente che al di là della religiosità di ognuno di noi attira lo sguardo e ci fa sentire piccoli piccoli. Le sue tre navate, i mosaici alle pareti, la vecchia chiesetta rifugio dei primi religiosi, tutto è magnifico nella sua smisurata grandezza. Il panorama esterno è “grandioso” con gli occhi che vanno sulle isole Eolie e con il mare che nella sua placida tranquillità impone una riflessione sulla grandezza del creato. Lasciato il sagrato del Santuario ritorno in sella e inizio la discesa per raggiungere le strade che mi riportano a casa mia. Mi sento in forma, le gambe girano perfettamente, la mente ora si sofferma su tanti particolari lungo i chilometri percorsi, come dimenticare la placida scorrevolezza delle acque dello Stretto di Messina o la strada brulla dell’Etna, o ancora il piacevole tramonto sul vulcano più alto d’Europa, tramonto reso ancor più bello dall’odore dei fiori che circondavano il “Camia”. Sentendo profumo di casa le ruote si “mangiano” la strada trasmettendomi la sensazione che tutti i viaggiatori provano e che rende le partenze l’unica bellissima droga da cui non liberarsi mai. C’è il sole ancora alto quando arrivo a “casetta mia”; ho percorso oltre 300 chilometri in tre giorni e prendo consapevolezza che il ricordo di ognuno di essi sarà parte integrante della mia memoria.