Natale '55
Augurio di Natale
Era partito lunedì mattina, prima dell’alba, molto prima. Imbacuccato nel giaccone da camionista in pelle nera, ma è meglio dire in cuoio spesso, che gli rende difficili i movimenti, la sciarpa fin sopra le orecchie e coppola calcata in testa di modo che resta solo una fessura per gli occhi. Pantaloni di fustagno, scarponi da lavoro e guantoni di lana completano l’abbigliamento del ciclista notturno, anche se con pochi risultati.
in collaborazione con Amici della Bicicletta Fiab Verona
Dopo due chilometri percorsi nell’oscurità e nella nebbia pungente di dicembre, papà arriva comunque intirizzito nel cortile dell’azienda, dove l’attende il camion della Esso. E’ il kilolitro rosso con il quale va a Porto Marghera, lo riempie di carburante e riparte velocemente per andare a rifornire i distributori del Trentino-Alto Adige. Da sei mesi lo vediamo solo dal sabato sera alla domenica sera. Il resto della settimana lo passa nelle locande di Marghera o del Trentino. Questa settimana lo aspettiamo con particolare ansia. Domenica, domani, è Natale.
Speriamo che torni prima del solito. Speriamo che “Quel senza cor” del suo datore di lavoro, come dice mamma, gli conceda qualche ora in più per la famiglia. Questa sera, oltre a noi tre piccoli, anche i miei cinque fratelli più grandi, tre ragazzi e due signorine, sono rimasti a casa. Di papà non abbiamo notizie. A casa nostra, come in quasi tutte quelle vicine, il telefono non esiste. Non c’è nemmeno la corrente elettrica. Solo correnti d’aria fredda che entrano da porte e finestre approssimative.
Il riscaldamento viene dalla cucina economica e dal camino, concentrati nella piccola stanza dove mangiamo. Siamo tutti assiepati lì, attorno al tavolo, in attesa di papà. Doveva arrivare prima di cena, ma la mamma ad un certo punto ci ha fatto mangiare. I piccoli stanno crollando dal sonno, ma resistono eroicamente. I grandi battibeccano tra loro, le mie sorelle portano le “scaldine” nelle camere da letto e le infilano con le “moneghe” sotto le coperte. Sono ormai le nove. Mamma non riesce più a trattenere l’angoscia: “Perché non torna? Quel senza cor del so paron nol ga rispeto gnanca del Nadal”. “Dai, bambini, recitiamo il rosario, chissà che la madonna non ci faccia la grazia” Deusinaditoriomeonintende…
All’improvviso una folata di vento più forte del solito entra da sotto le porte piene di pertugi. La fiammella della lucerna a petrolio trema pericolosamente dentro il tubo. La Selva abbaia. Saltiamo tutti in piedi: “Gemmino!” “Papà! papà!”. E’ lui. Un babbo natale scuro, coperto di uno spesso strato di neve che comincia a sciogliersi prima che, impedito da tante mani e tante braccia, riesca a fatica a spogliarsi e a sedersi a tavola.
E’ stata dura scendere da Bressanone a Cerea con la neve che turbinava vorticosamente e incessantemente, annullando le differenze tra la strada e i campi. Grande camionista, papà. Sarà uno degli inverni più freddi e nevosi del secolo, ma che importa, siamo qui tutti intorno a papà. Questa sera il rosario è saltato. E domani è Natale!