Da Londra a Verona III^
arrivi e sorprese di Aaron (terza parte)
Sorvolo Verona… ma che bella città! Il castello, l’Arena, la piazza con il mercato. Però non capisco, le strade sono strette, più di quelle delle colline e dei monti, ma circolano tanti SUV (Sport Utility Vehicle). La maggior parte dei guidatori non ha proprio nulla di sportivo, non ha rispetto per ciclisti né per pedoni, pretende sempre di sorpassare, strombazza e s’impazientisce. Ed io ero convinto che a Verona usassero soltanto le Giuliette dell’Alfa Romeo con i cuoricini attaccati al parafango posteriore!
Lunedì 15 Luglio Rixheim – Laufenburg 96 km.
Sì, ieri sera la reception ha chiuso presto ma con la colazione di stamattina questo albergo ha guadagnato stelle: yogurt, 4 tipi di dolci, frutti di bosco, succo di mela e d’arancia e formaggi… tutto fatto in casa. Mentre Bea si godeva tutto quel bendidio, io mi sono pappato insetti e vermetti dietro al ristorante giapponese. Non male in verità. Ben rifocillati entrambi, ci sentiamo pronti per riattraversare la foresta e tornare sul canale: tratto che presenta parecchi tratti sterrati, ma ben battuti per raggiungere dritti Basilea in Svizzera.
Ma che caos! Qui è pieno di cicloturisti, vanno tutti dal lato opposto al nostro, ma danno un senso di sicurezza, come se ti confermassero d’essere sulla strada giusta. Anche se di conferme non ce n’è proprio bisogno, le ciclabili abbondano e sono sempre ben segnate; si trova perfino l’indicazione per chi pattina. Dopo uno sguardo a cattedrale e municipio della città, torniamo a costeggiare il fiume (dove chi non pedala si rinfresca tuffandosi e nuotando), attraversiamo Rheinfelden, nome che appartiene a due città separate dal Reno, una svizzera e l’altra tedesca ma la gioia di Bea ha sede a Laufenburg perché qui trova un bed & breakfast con accanto una fontana a 6 zampilli e si rende conto che sono finite le sue tribolazioni francesi.
Paga con gli ultimi franchi svizzeri rimasti e poi attraversa il ponte per mangiare in Germania e pagare con gli euro. Tornata in Svizzera, nelle tasche ritrova dei centesimi e li spende per una bella coppa di gelato. Se non scendessero le tenebre, questa continuerebbe a fare avanti e indietro. Giustificata perché ritengo che ogni essere umano abbia un suo modo per divertirsi.
Martedì 16 Luglio Laufenburg – Uttwil 141 km.
Si parte con 19° con una piacevolissima aria fresca e sempre costeggiando il Reno. Quanti bei posti! What a wonderful world! E’ già ora di pranzo ma per mangiare e pagare in euro alla mia donna sorge un dubbio: “in che stato siamo”? Sarà per la temperatura che è salita a 35° secondo me lei è in pessimo stato, ha attraversato così tante dogane svizzere che non si raccapezza più. Facile (la faccio ragionare posandomi sopra un cartello stradale), basta guardare la segnaletica delle ciclabili: se hanno il fondo rosso siamo in CH, fondo bianco in D.
Arriviamo drittissimi alle cascate di Schaffhausen, ovviamente affollate di turisti ma anche di cicloturisti, famiglie intere stracariche di borsoni. Il getto d’acqua della cascata è così potente che veniamo trascinati in un battibaleno sul lago di Costanza (senza tralasciare un salto doveroso a Stein am Rhein) dove Bea scopre che la riva sud dove siamo noi è svizzera, solo Konstanz è tedesca. All’entrata del porto ammiriamo la famosa statua d’Imperia, cortigiana di Ferrara.
Mercoledì 17 Luglio Uttwil – Innerbraz 107 km.
Oggi ci sono ancora più cicloturisti di ieri, solo noi andiamo controcorrente, la gente del posto è disponibilissima, guai fermarsi un attimo a guardare la cartina che subito si avvicina qualcuno per offrire il suo aiuto. E in effetti ha avuto bisogno, qui le indicazioni per proseguire verso l’Austria sono confuse e Bea fa una delle sue: “Bonjour, excuse me”, per finire con “danke”. Complimenti per il mix linguistico, proprio una bella figura! A Rorschach salutiamo il lago per dirigerci a Lustenau dove entriamo in Austria.
Foschia e caldo opprimente da 35° ci ricordano che l’Italia è vicina. Dopo Feldkirch e Bludenz si prosegue su sterrato seguendo il fiume Alfenz dove ritorna il fresco, ci sono parecchie salitelle e si vedono le montagne che ci aspettano per domani (battono il pedemonte con i rami degli alberi conserti come per dire: “Eccoti finalmente, ti sembra questa l’ora di arrivare?"). Il cielo è grigio, la fobia di non trovare una cuccia ci fa fermare a Innerbraz in una casetta con il cartello zimmer anche se le gambe si sarebbero spinte un po’ oltre.
Il ristorante più vicino è così lontano che il tempo di tornare indietro ti fa venire di nuovo fame, ma ne vale la pena perché è un posto medio-elegante con prezzi giusti, camerieri simpatici, sorridenti e anche fighi. Serata di leggera pioggia e il cielo non promette nulla di buono. Domani bisogna attraversare il passo… anche in caso di maltempo!
Giovedì 18 Luglio Innerbraz – Nauders 109 km.
Non piove, dicono che si scatenerà di pomeriggio, ma fa quasi freddo sono solo 17°. Scopriamo ben presto che i simpatici coniugi che affittano camere hanno una figlia cicciona insopportabile, per fortuna la sguinzagliano solo di mattina così fuggiamo e ci immergiamo tra i paesaggi da favola. Per sincerarsi di essere sulla strada giusta per l’Arlbergpass (valico austriaco che collega il Vorarlberg con il Tirolo) Bea ferma un anziano che portandosi le mani sulla fronte risponde: “slowly , slowly”.
La strada che percorriamo è già in leggera salita, ma la salita vera e propria inizia a Stuben e raggiungere quota 1793 è impresa dura. Oh, my God! Avete mai sentito parlare di un gabbiano morto per infarto? Sono in 3: Bea e una coppia di cicloturisti olandesi con spiacevole compagnia del vento contrario. Sulla strada del passo, la manutenzione alla riga di mezzeria obbliga il posizionamento di birilli a terra sulla careggiata. Due autobus gran turismo anziché aspettare o tutt’al più passare sui coni segnaletici si accostano alle bici, un po’ troppo.
I tre vedono comparire un pezzo metallico colorato accanto alla loro mano che impugna il barend. Si fermano impauriti aggrappandosi al guardrail. “l’abbiamo scampata bella”. Arrivati in cima, festeggiano sbucciando e mangiando una banana davanti al rifugio, ma il proprietario è incavolatissimo e non permette loro di buttare la buccia nel cestino di sua proprietà.
Probabilmente abbiamo trovato il vero padre della cicciona di stamattina. Da qui (St. Christoph) in poi è tutta discesa fino a Landeck, poi si comincia a sentire l’Inn (non quello di Mameli, il fiume!) e lo si affianca seguendo l’indicazione “Via Claudia Augusta” finché non si capisce più niente, c’è solo un campeggio omonimo ma sta’ Claudia non si trova… purtroppo non ci sono ciclisti a cui chiedere. La domanda viene rivolta ad un vigile che le consiglia la strada statale per Nauders, ma vedo Bea scomparire dentro continue e trafficatissime gallerie.
Ha commesso un grave errore, è salita sul marciapiede che presenta delle lucette rialzate, se ne becca una e sbanda. Se un borsone sbattesse contro il muro potrebbe causare la sua caduta e finire schiacciata da qualche mezzo. Ma gli olandesi che fine hanno fatto? Finalmente passa un ciclista proveniente in senso contrario, quindi, lei pensa, “ci sono delle probabilità di uscire vivi da qui”.
Ha ragione Bea, morire lì dentro sarebbe proprio da sfigati perché se poi ti mettono una targa in memoria nel tunnel al buio chi la vede? Metteranno la targa illuminata del camion che ti ha spiaccicato? Il vento contrario si scatena, le nuvole si fanno sempre più minacciose e noi freghiamo tutti fermandoci a Nauders. Che luoghi! Panorami stupendi immersi nel verde! Dopo un’ora ecco il temporale, ma la mia superstite è al calduccio tra gente che ama ciclisti e motociclisti.
Venerdì 19 Luglio Nauders – Ora 136 km.
Per raggiungere il passo Resia (Italia! Quota 1507) si prosegue sempre su pista ciclabile. Il tempo è bello, ci sono 17° e l’aria è piacevolmente fresca. Fiancheggiamo il lago di Resia da cui sbuca, solitario, l’antico campanile della chiesa, poi il lago della Muta e scendiamo per i vigneti e i frutteti della Val Venosta. Accompagnati da uno splendido scenario alpino attraversiamo il borgo fortificato di Glorenza, il parco dello Stelvio e con l’Adige al nostro fianco arriviamo a Merano, dove inizia il percorso della Val d’Adige, l’aria è calda e si pedala sempre sotto il sole. A Bolzano sosta all’ombra in piacevole compagnia di un anziano a parlare del più e del meno, gentilissimo ed educato finché al momento dei saluti si presenta con: ”Piacere Arturo, ce l’ho duro”. Leggermente turbati, proseguiamo fino all’ hotel di fronte alla stazione di Ora.
Sabato 20 Luglio Ora – Verona 147 km.
Lungo la ciclabile della Val d’Adige tre ragazzi scommettevano sulla nazionalità della mia ciclista: “E’ tedesca, si è fermata allo stop, ha la cartina anziché il gps”, poi Bea ha risposto al saluto in italiano e si sono messi a chiacchierare. L’ hanno bombardata di domande e presa in giro ricordandole che per andare a Verona avrebbe trovato l’afa e sarebbe finita la ciclabile.
Dopo i saluti uno di loro si è spostato sulla sinistra invadendo la corsia opposta, è arrivato uno stradista che ha frenato all’improvviso ed è volato spaccandosi la faccia e anche un pezzetto di casco. Alla vista del sangue piangeva a tratti; donna Bea, per tranquillizzarlo, ha tirato fuori lo specchietto e le preziose salviette, dopodiché è arrivata l’ambulanza. Di pomeriggio la ciclabile è quasi deserta, i treni sfrecciano leggeri e vuoti e gli unici incolonnati e stressati sono gli automobilisti in autostrada.
A Brentino Belluno bisogna proseguire per strada statale, la ciclabile riaffiora a Canale, passiamo da Rivoli e poi dai canali di Bussolengo. La mia dama è arrivata a casa, io mi faccio un bel sorvolo di Verona… ma che bella città! Il castello, l’Arena, la piazza con il mercato… però non capisco…le strade sono strette (ancor più quelle delle colline e dei monti) ma circolano tanti SUV (Sport Utility Vehicle).
La maggior parte dei guidatori non ha proprio nulla di sportivo, non ha rispetto per ciclisti né per pedoni, pretende sempre di sorpassare, strombazza e s’impazientisce. Ed io ero convinto che a Verona usassero soltanto le Giuliette dell’Alfa Romeo con i cuoricini attaccati al parafango posteriore! Perfetto, il viaggio è terminato ed ho mantenuto la promessa di non fare scherzi dall’alto, ma ora posso sbizzarrirmi: berrò così tanta acqua dell’Adige che domani… i suv avranno tutti lo stesso colore.
Mercoledì 24 Luglio Verona
Stamattina spiando Bea che percorre la ciclabile per raggiungere il posto di lavoro scorgo due cicloturisti: incredibile, sono gli olandesi dell’Arlberg! Bea ha ormai cambiato bici e abbigliamento, per loro è difficile riconoscerla così li chiama a squarciagola: “Holland, holland” finchè li raggiunge.
Stanno andando a Roma. Rimaniamo tutti shockati per il piacevole incontro. E voi viaggiatori, se siete interessati alla mia compagnia basta chiamare il n. 5000 con prefisso di Folkestone, vi chiederò tutti i vostri dati in inglese e dovrete fare lo spelling (ah!, ah! a forza di spiarvi sto diventando una canaglia). Chiamatemi diventeremo amici.
Aaron il gabbiano