Itinerario in bicicletta in Mongolia, steppa amica, amici della steppa (prima parte)
Come preannunciato, Andreas Madsen ci ha inviato il resoconto del ciclo-viaggio viaggio in Mongolia. Una lettura ricca di spunti, emozioni e consigli. “Aprire la cerniera della tenda e trovarsi nella luce del sole tra il verde intenso della steppa e l’azzurro limpido del cielo ci rinfranca di tutte le fatiche e le tensioni del viaggio di andata”.
22.07.2018
Partiamo da Moron in un pomeriggio di domenica dopo un viaggio piuttosto travagliato: l’aereo da Mosca a Ulanbataar era in ritardo di 6 ore e la “coincidenza” con il volo per Moron è saltata costringendoci ad un ritardo di 24 ore (quanto meno ad Ulanbataar abbiamo cambiato il contante e comprato due schede telefoniche Mobicom che ci consentiranno anche la connessione dati). Il momento in cui abbiamo rimontato le bici è stato delicato e meraviglioso: erano integre e potevamo partire subito senza ulteriori indugi! Moron è un villaggio fatiscente (molte case sono di legno con il tetto in lamiera con il bagno all’esterno). Cominciamo, poco dopo il villaggio una volta attraversato il ponte sul fiume, a salire e a metà valle decidiamo di piantare la tenda in piena steppa con diverse gher (o yurte come le si chiama in russo) in vista dall’altra parte del torrente.
La Mongolia non tarda a sorprenderci. Mentre ci prepariamo qualcosa da mangiare una famiglia di nomadi ci fa visita; si spostano su due moto: su una ci sono padre (un po’ ubriaco per la verità, madre e una bambina che poteva avere 1 anno, sull’altra due uomini. Rimaniamo a discutere (a gesti perché i nomadi, che conoscono solo il mongolo e non parlano minimamente inglese, si stupiscono che uno straniero non capisca la loro lingua) per diversi minuti: sono curiosi di sapere da dove veniamo e dove andiamo. I due uomini vogliono anche provare la bicicletta e offrono in cambio un giro in moto: li accontento con la mia.. e li sostengo dal porta pacchi perché sono certo che non abbiano mai pedalato su una bici! Quando scende la notte siamo pronti alla nostra prima stellata nella steppa.
23.07.2018
Aprire la cerniera della tenda e trovarsi nella luce del sole tra il verde intenso della steppa e l’azzurro limpido del cielo ci rinfranca di tutte le fatiche e le tensioni del viaggio di andata.
Continuiamo a salire nella valle e io approfitto del torrente e della bella giornata di sole per un primo bucato da stendere sulla borsa superiore posteriore mentre si va. Una famiglia che si sposta con un voluminoso autobus si offre di darci un passaggio fino al passo, ma noi vogliamo godere di questo paesaggio spettacolare e anche un po’ alpino. Prima del valico la strada si fa ripida e assistiamo a come i passeggeri debbano darsi da fare, scendere e spingere le vetture su cui viaggiano. Arrivati finalmente in cima approfittiamo del primo gazar (un luogo aperto al pubblico dove si mangia e che definire “ristorantino” è un po’ coraggioso).
Il pomeriggio è in discesa nelle prime sconfinate valli mongole in cui la profondità è la dimensione che colpisce maggiormente: chilometri e chilometri, tanto da essere difficile dire quanti, di valli verdi senza edifici in cui campeggiano i rari puntini bianchi delle gher. Un gruppo di bambini, in passeggiata, ci fanno festa al nostro passaggio: sarà un’altra lieta costante del viaggio.
Accampiamo anche questa sera in piena steppa e riceviamo 3 visite: una coppia di cacciatori in moto, un ragazzo a cavallo e due uomini in moto a crepuscolo avanzato.La prima coppia porta attaccate dietro alla moto due grosse marmotte uccise con un perfetto colpo alla tempia e ancora sanguinanti: ci invitano a mangiare e dormire da loro e rimangono delusi quando noi seppur con garbo rifiutiamo per i diversi chilometri di prato che ci separano dalla loro “abitazione”.
24.07.2018
Già al risveglio la temperatura di fa sentire. Nella steppa di giorno, se c’è sole, si raggiungono 35 gradi. Il paesaggio è ondulato e per fortuna troviamo un improbabile camping di case in legno (improbabile perché alberi da queste parti ce ne sono davvero molto pochi) dove compriamo coca cola (non c’è acqua) e noodles cinesi piccanti (non c’è altro da mangiare). I nostri compagni di viaggio da oggi saranno gli scoiattoli della preteria che scappano a lato al nostro passaggio e le cicalone di campo che si alzano in volo all’arrivo delle nostre ruote. La mattinata presenta qualche difficoltà: la traccia GPS è imprecisa e solo grazie ad una coppia in auto che fermiamo a gesti capiamo qual è la direzione da seguire: a prati e per valli senza traccia! Nonostante il caldo ci tocca pranzare sotto il sole cocente perché non c’è ombra. Poi scendiamo presso un fiumiciattolo (il nostro primo guado) dove c’è un accampamento di nomadi prima di salire ad un campo gher per turisti dove facciamo la nostra prima doccia, possiamo mangiare e dormire per la prima volta in una tenda mongola! Che meraviglia!
25.07.2018
Il tempo è in peggioramento e tira un gran vento (a volte contrario). Il su-e-giù continua fino a quando scendiamo a Shine-Ider, il primo centro abitato dopo diversi giorni. La cittadina è in “stile Moron”, piuttosto fatiscente per chi non è abituato a paesi come questo. Ci fermiamo a mangiare in un locale dove capiamo che si può mangiare solo chiedendo alla ragazza che ci lavora dentro (e non senza difficoltà interpretative). In ogni caso da li a poco ci arriva un sontuoso risotto “al tastasal”[1] di montone. Durante la preparazione ci divertiamo con una Zoe (il nome per la verità deve essere stato molto più complicato ma diciamo che l’assonanza era quella), una bambina di 3-4 anni che ci insegna qualche parola mongola in cambio di qualche parola italiana. Ben rimpinzati, tentiamo un riposino al giardino pubblico ma la cosa è resa impossibile da un gruppetto di ragazzini entusiasti della nostra presenza che ci riservano una accoglienza calorosa e rumorosa (e a cui regaliamo qualche caramella: in Mongolia è bene avere caramelle per i bambini e sigarette per gli adulti).
Nel pomeriggio iniziamo la salita verso un nuovo passo, salita che alla fine è molto ripida. Sul passo c’è uno strano monumento ma non abbiamo molto tempo per capire di cosa si tratta perché sta per iniziare una tempesta di acqua e vento. Scendiamo in fretta e giusto poco prima che inizi il diluvio troviamo riparo presso una gher di nomadi dove siamo accolti da una bambina di circa 12 anni (l’unica che conosce qualche parola di inglese), dalla mamma e dalle altre figlie. Beviamo il famoso té mongolo con latte di yak e sale e degustiamo una zuppa di montone con le patate! Un privilegio. L’ospitalità mongola è sempre più squisita! Dormiamo in una gher con fondo erba dove gli insetti non mancano ma almeno si dorme su un letto.
[1] Piatto tipico veronese a base di riso con “pasta” di salame. Qui il termine è usato in senso ironico.
Approfondisci MONGOLIA i post più letti
Hotel e accomodation in Mongolia